Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale  dello  Stato  presso  i  cui  uffici
domicilia in Roma via  dei  Portoghesi  n.  12  nei  confronti  della
Regione Abruzzo in persona del Presidente della Giunta regionale  pro
tempore per  la  dichiarazione  della  illegittimita'  costituzionale
della legge della Regione Abruzzo n. 14 del 15 ottobre 2008,  recante
«Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 10 marzo 2008, n. 2 e
provvedimenti urgenti a tutela della Costa Teatina»,  pubblicata  sul
B.U.R. n. 59 del 24 ottobre 2008, giusta delibera del  Consiglio  dei
ministri in data 18 dicembre 2008. 
    La legge regionale Abruzzo n. 14/2008, che apporta  modifiche  ed
integrazioni alla Legge Regionale n.  2/2008  recante  «Provvedimenti
urgenti a tutela della Costa Teatina», presenta  diversi  profili  di
illegittimita' costituzionale per le seguenti motivazioni. 
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe la
Regione  Abruzzo  abbia  violato  i  principi  generali  in  tema  di
«prorogatio» e abbia ecceduto dalla propria competenza in  violazione
della normativa costituzionale, come  si  confida  di  dimostrare  in
appresso con l'illustrazione dei seguenti 
                             M o t i v i 
    1) La  legge  regionale  Abruzzo  n.  14/2008  viola  i  principi
generali in tema di prorogatio e viola  l'art.  86,  comma  3,  dello
statuto della Regione Abruzzo. 
    Preliminarmente  occorre  considerare   la   questione   relativa
all'esercizio del potere dell'organo legislativo regionale in casi di
scioglimento anticipato, con specifico  riferimento  all'approvazione
della legge regionale in esame. 
    L'art.  86,  comma  3,  dello  statuto  della  Regione   Abruzzo,
pubblicato nel B.U.R.A. 10 gennaio 2007, n. 1 ed entrato in vigore il
giorno successivo, testualmente recita che «in caso  di  scioglimento
anticipato  e  di  scadenza  della  legislatura,   il   Consiglio   e
l'Esecutivo regionale sono prorogati sino  alla  proclamazione  degli
eletti nelle nuove elezioni, indette sino  alla  proclamazione  degli
eletti nelle nuove elezioni, indette entro tre  mesi  dal  Presidente
della Giunta, secondo le modalita' definite dalla legge elettorale». 
    La predetta norma  fa,  quindi,  riferimento  all'istituto  della
prorogatio, da intendersi quale sopravvivenza temporanea  dei  poteri
dei titolari per i quali si e' verificata la cessazione  del  mandato
(sentenze della Corte costituzionale n.  196/2003;  n.  515/1995;  n.
468/1991). 
    In tale situazione il Consiglio regionale puo' deliberare solo in
circostanze straordinarie o di urgenza o per il  compimento  di  atti
dovuti. 
    In relazione alla  natura  e  tipologia  degli  atti  urgenti  ed
indifferibili che possono legittimamente essere adottati dagli organi
legislativi in prorogatio, occorre fare  riferimento  ad  una  prassi
consolidata, formatasi in tema di lavori parlamentari. 
    Applicando la prassi  parlamentare  al  contesto  regionale,  con
specifico  riferimento  all'attivita'  legislativa,  si  deduce   che
possono  essere  approvati  in  regime   di   prorogatio   solo   gli
costituzionalmente dovuti, quali  il  recepimento  di  una  direttiva
comunitaria direttamente vincolante per le  regioni,  o  progetti  di
legge che presentano i caratteri  dell'indifferibilita'  ed  urgenza,
quali ad esempio il bilancio di previsione, l'esercizio provvisorio o
una variazione di bilancio. 
    L'urgenza e l'indifferibilita',  oltre  ad  essere  adeguatamente
motivate, devono essere volte a  eliminare  le  situazioni  di  danno
senza limitare la liberta' di scelta dell'Organo  legislativo  quando
avra' riacquistato la pienezza dei suoi poteri. 
    Il provvedimento legislativo in esame, in  particolare  le  norme
denunciate,  non  riveste  alcun  carattere  di  indifferibilita'  ed
urgenza ne' di atto dovuto  o  riferibile  a  situazioni  di  estrema
gravita' tali da non poter essere rinviato per non recare danno  alla
collettivita' regionale o al funzionamento dell'ente. 
    2) L'art. 1, comma 3, della legge regionale  Abruzzo  n.  14/2008
viola gli  artt.  41,  42,  43,  117,  commi  1  e  3,  e  118  della
Costituzione. 
    La norma contenuta nell'art. 1 comma 3, della legge regionale  n.
14/2008, che sostituisce il comma 6 dell'art. 1 della legge regionale
n. 2/2008  citata,  prevede  che  su  aree  destinate  a  determinate
coltivazioni e produzioni, nonche' sulle aree ad esse  limitrofe  con
diversa  destinazione   urbanistica,   sia   tassativamente   vietato
l'insediamento di industrie che svolgano  attivita'  di  prospezione,
ricerca, estrazione, coltivazione e lavorazione di idrocarburi. Sono,
altresi', vietati la trasformazione e l'ampliamento  degli  esistenti
impianti che svolgono dette attivita'. 
    Tale  disposizione,  quindi,   stabilisce   preclusioni,   talora
assolute, per lo svolgimento delle attivita' di prospezione, ricerca,
estrazione, coltivazione e lavorazione idrocarburi  e  potenzialmente
di altre attivita' industriali afferenti  al  settore  energetico  di
interesse nazionale. 
    Occorre premettere  che  le  attivita'  industriali  relative  al
settore idrocarburi sono da inquadrare nel settore  della  produzione
di fonti di energia, che e' materia regolata dal diritto comunitario,
il cui regime e' disciplinato principalmente dalla  legge  22  agosto
2004, n. 239 (riordino del settore energetico) e dal d.lgs. 23 maggio
2000, n. 164, di attuazione della direttiva n. 98/30/CE recante norme
comuni per il mercato interno del gas. 
    La legge n. 239/2004 citata, nell'ambito dei  principi  derivanti
dall'ordinamento comunitario,  pone  i  principi  fondamentali  nella
materia ai fini, tra l'altro, della tutela della  concorrenza  e  dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti  civili  e
sociali al fine di assicurare l'unita' giuridica ed  economica  dello
Stato. Gli obiettivi e le linee della politica  energetica  nazionale
nonche' i criteri generali per la sua attuazione a  livello  generale
sono elaborati e definiti dallo Stato che si avvale dei meccanismi di
raccordo e cooperazione con le autonomie regionali (art. 1, comma 1). 
    In base all'art. 1, comma 2, lett.  c),  della  citata  legge  n.
239/2004,  le  attivita'  di  esplorazione  ricerca,  coltivazione  e
stoccaggio di idrocarburi sono soggette a concessione che,  ai  sensi
del comma 7, lett. n),  dell'art.  1  della  medesima  legge,  e'  di
competenza statale e va rilasciata d'intesa con la Regione. 
    La concessione di coltivazione puo' avere  ad  oggetto  anche  la
realizzazione e l'esercizio di impianti per la prima lavorazione  del
prodotto della coltivazione. Tali centrali di primo trattamento  sono
considerate opere  connesse  e  parte  integrante  dell'attivita'  di
coltivazione ed oggetto del procedimento unico disciplinato dall'art.
1,  comma  77,  della  legge  n.  239/2004  citata.  L'attivita'   di
prospezione idrocarburi e', invece, libera (alle condizioni  indicate
all'art. 4 del citato d.lgs. n. 164/2000). 
    Il comma 3 del medesimo art. 1 della predetta legge  n.  239/2004
individua gli obiettivi generali della politica energetica del Paese,
da  conseguire   sulla   base   dei   principi   di   sussidiarieta',
differenziazione, adeguatezza e  leale  collaborazione  dallo  Stato,
dalle regioni e dagli enti locali. 
    La norma regionale, quindi, ponendo  generalizzati  divieti  alle
citate attivita', si pone in contrasto con l'art.  117,  primo  comma
Costituzione, perche' sono violati i principi comunitari di  liberta'
di circolazione delle persone e di stabilimento, di cui agli artt. 43
e 49 del trattato U.E., nonche' con gli artt.  41  Costituzione,  che
afferma il principio di liberta' di iniziativa economica  privata,  e
42 e 43 Costituzione che tutelano la proprieta' privata,  considerato
che la previsione regionale sancisce, di fatto, un esproprio di  tale
diritto per una durata potenzialmente illimitata e riguardante  tutto
il territorio regionale, senza la previsione di alcun indennizzo. 
    Inoltre, poiche', come si e' detto, la norma regionale si pone in
contrasto con i  principi  contenuti  nelle  menzionate  disposizioni
statali in materia di energia, essa contrasta con l'art.  117,  terzo
comma, perche' la competenza legislativa concorrente deve  esplicarsi
all'interno del quadro di riferimento  tracciato  dalla  legislazione
statale «di cornice» e con spirito di leale  collaborazione;  nonche'
con l'art. 118 Cost., considerato che le funzioni  amministrative  in
materia di impianti e infrastrutture energetiche sono, eccezion fatta
per quelli di rilievo locale, di primaria  competenza  statale  e  le
relative opere sono considerate dalle  leggi  statali  di  preminente
interesse nazionale per la sicurezza del sistema  elettrico  e  degli
approvvigionamenti. 
    Tutti i divieti posti integrano, inoltre, anche la violazione del
principio di leale collaborazione delle Regioni. 
    3) L'art. 1, comma 6, della regionaIe Abruzzo  n.  14/2008  viola
gli artt. 3, 97, 117, comma 2, lett. s) e 118 della Costituzione. 
    La norma contenuta nell'art. 1, comma 6, che introduce  il  comma
9-bis all'art-1 della legge regionale n. 2/2008  citata),  estende  i
divieti previsti  dall'art.  1,  comma  3,  agli  interventi  (sempre
relativi alle predette attivita' nel settore idrocarburi) gia' muniti
di permesso a costruire o comunque gia' autorizzati e, comunque, fino
all'entrata in vigore del piano di settore, previa  approvazione  del
Consiglio regionale. 
    Oltre  che  nelle  aree  interessate  da  dette  coltivazioni   e
produzioni e nelle aree limitrofe, le  attivita'  in  questione  sono
vietate  nelle  aree  dei  territori  di  taluni  comuni  fino   alla
definitiva approvazione del Piano del  Parco  nazionale  della  Costa
Teatina. 
    Viene, infine,  previsto  un  generale  divieto  di  rilascio  di
permesso a costruire per l'insediamento  di  industrie  che  svolgono
attivita' nel settore idrocarburi fino al 31 dicembre 2009. 
    Tale disposizione, in quanto estende, per un tempo potenzialmente
illimitato, il divieto di insediamento delle  attivita'  nel  settore
idrocarburi in aree agricole e  limitrofe,  gia'  autorizzate,  viola
l'assetto  delle  competenze  amministrative  in  materia,  che  sono
attribuite allo Stato e  che,  nella  fattispecie,  sono  gia'  state
esercitate, ponendosi in contrasto con l'art. 118 Costituzione. 
    Per quanto riguarda, infatti, il  rilascio  dei  titoli  minerari
(permessi di prospezione e di ricerca, concessioni di coltivazione di
idrocarburi liquidi e gassosi in mare ed in  terraferma)  l'autorita'
competente,  fatte  salve  le  competenze  delle  regioni  a  statuto
speciale,  e'  l'Ufficio  Nazionale  Minerario  per  gli  Idrocarburi
(UNMIG) della direzione generale per l'energia e le risorse minerarie
del Ministero dello sviluppo economico. 
    Tali funzioni (ai sensi dell'art. 29 del d.lgs. 31 marzo 1998, n.
112 e dell'art. 1, comma 7,  lettera  n),  della  legge  n.  239/2004
citata) sono esercitate per la terraferma  d'intesa  con  la  Regione
interessata,    secondo    specifiche    modalita'    procedimentali,
disciplinate dai commi 77 e seguenti della stessa legge n. 239/2004. 
    E' di tutta evidenza che la norma viola, altresi',  il  principio
della certezza del diritto e del legittimo affidamento  dei  titolari
di atti di autorizzazione legittimi e,  quindi,  del  buon  andamento
della pubblica amministrazione  di  cui  agli  artt.  3  e  97  della
Costituzione. 
    Oltre  che  nelle  aree  interessate  da  dette  coltivazioni   e
produzioni e nelle aree limitrofe, le  attivita'  in  questione  sono
vietate, altresi', nelle aree, a qualunque destinazione  urbanistica,
dei territori di taluni comuni fino alla definitiva approvazione  del
Piano  del  Parco  nazionale  della  Costa  Teatina.  La   previsione
legislativa regionale appare illegittima con riguardo alla competenza
esclusiva statale in materia ambientale  (art.  117,  secondo  comma,
lettera s),  Cost.)  e  con  riguardo  alle  funzioni  amministrative
statali in materia di rilascio dei titoli minerari e  di  istituzione
di Parchi nazionali di cui alla legge quadro sulle  aree  protette  6
dicembre 1991, n. 394 (art. 118 Cost.). 
    La legge 23 marzo 2001, n.  93,  recante  disposizioni  in  campo
ambientale, rinvia, all'art. 8, comma 3, la concreta istituzione  del
Parco della Costa  Teatina,  ne'  istituito  ne'  delimitato  in  via
provvisoria, ad un decreto del Presidente della Repubblica da emanare
su proposta del Ministero  dell'ambiente,  d'intesa  con  la  regione
interessata;  e  la  delimitazione  provvisoria  dello  stesso,   con
adozione delle relative misure di salvaguardia, ad  un  provvedimento
del Ministero dell'ambiente assunto d'intesa con la regione ai  sensi
dell'art. 34, comma 3, della citata legge n. 394/1991. 
    Anche  sotto  tale  profilo  la  norma  regionale   e',   dunque,
illegittima, in quanto preclude attivita' in astratto compatibili  su
aree non interessate da norme di salvaguardia che  impongano,  cioe',
un regime di tutela, anche anticipato  rispetto  alla  perimetrazione
definitiva del Parco in questione. 
    La medesima norma  regionale  prevede,  inoltre,  un  divieto  di
rilascio di permesso a costruire per l'insediamento di industrie  che
svolgono attivita' nel settore idrocarburi fino al 31 dicembre  2009,
da ritenere applicabile a tutto il territorio regionale.  Anche  tale
previsione e' illegittima  e  si  richiamano,  nuovamente,  i  canoni
costituzionali che si  ritengono  violati,  gli  artt.  117,  per  la
materia della tutela dell'ambiente, e 118 Costituzione, in quanto  la
citata legge n.  239/2004,  all'art.  1,  commi  77  e  seguenti,  ha
introdotto un procedimento unico per il rilascio dei titoli minerari. 
    In particolare, tale legge dispone che il permesso di  ricerca  e
la concessione di  coltivazione  sono  rilasciati  a  seguito  di  un
procedimento unico, al quale partecipano le amministrazioni  statali,
regionali e locali interessate, svolto nel rispetto dei  principi  di
semplificazione e con le modalita' di cui alla legge 7  agosto  1990,
n. 241. 
    I provvedimenti assunti a conclusione di tali procedimenti  unici
sostituiscono, ad ogni effetto, autorizzazioni, permessi, concessioni
ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti,
fatto salvo quanto disposto dal decreto legislativo 25 novembre 1996,
n. 624 che attiene alle funzioni in materia di sicurezza mineraria. 
    Si dispone, altresi', che le opere e gli impianti necessari  alla
ricerca e coltivazione vengono  dichiarati  di  pubblica  utilita'  e
comportano l'eventuale effetto di variante  urbanistica.  E'  dunque,
nella sede del procedimento unico statale, al quale partecipano anche
le amministrazioni comunali,  che  viene  verificata  la  conformita'
urbanistica  degli  impianti,  e  che  puo'   concludersi   con   una
determinazione concordata anche in deroga agli strumenti urbanistici. 
    4) L'art. 2 della legge regionale Abruzzo n.  14/2008  viola  gli
artt. 97 e 117, terzo comma, della Costituzione. 
    La norma contenuta nell'art. 2 della legge regionale  n.  14/2008
prevede il potere dei concessionari o delle  stazioni  appaltanti  di
rideterminare  la  funzionalita'  dei  programmi  di   metanizzazione
regionale, assistiti da finanziamenti ai sensi  di  precedenti  leggi
regionali, in deroga alle predette  leggi  e  operando  riduzioni  di
lavori e/o opere sui piani originariamente approvati. 
    Detta previsione configura un caso di variante in  corso  d'opera
nell'appalto di lavori o di servizi pubblici, che, in  base  all'art.
132 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (cd.  codice  appalti)  e'  ammesso
esclusivamente in limitate ipotesi, tra le quali non  rientra  quella
in  esame.  Essa  non  puo',  infatti,  ritenersi   rientrare   nella
possibilita' della variante per  motivi  di  «esigenze  derivanti  da
sopravvenute disposizioni legislative  e  regolamentari»  (lett.  a),
dell'art. 132 citato), considerato che, come chiarito  dall'Autorita'
per  la  vigilanza  sui  contratti  pubblici  di  lavori,  servizi  e
forniture, si intendono per  sopravvenienze  di  diritto  quelle  che
determinano  la  necessita'  di   adeguare   l'opera   per   renderla
utilizzabile allo scopo prefissato, caso in cui sorge  la  necessita'
di  assicurare  l'osservanza  di  nuove  normative  intervenute   nel
frattempo, alle quali siano  da  adeguare  le  originarie  previsioni
progettuali. 
    La norma regionale in esame, invece, riguarda opere conformi allo
scopo pubblico  fissato  dall'art.  11  della  legge  n.  784/1980  e
dall'art. 9 della legge n. 266/1997 concernenti la metanizzazione del
Mezzogiorno; talche' una modifica delle opere  stesse  per  finalita'
diverse  da  quelle  originarie  e  non  rientranti  nelle   astratte
possibilita' di variante in corso d'opera si pone in contrasto con le
citate leggi statali di settore. 
    La norma regionale, quindi, bloccando o riducendo opere approvate
e finanziate con  denaro  pubblico,  e  cio'  anche  in  deroga  alle
previsioni normative statali poste a tutela del numero degli utenti e
dell'estensione delle reti (art. 2, comma 2, della legge regionale n.
14/2008),  contrasta  con  i  principi  della   politica   energetica
nazionale, come specificati dall'art. 1, comma 3, lett.  a),  b)  c),
d), g) ed i) della legge n. 239/2004 citata, in violazione  dell'art.
117, comma 3, della Costituzione ed e', inoltre, lesiva dei  principi
di  efficacia  dell'azione  amministrativa,  di   cui   all'art.   97
Costituzione e  della  corretta  ed  economica  gestione  di  risorse
pubbliche prevedendo l'ingiustificata riduzione  di  opere  pubbliche
gia' finanziate per la realizzazione degli interessi  pubblici  dello
sviluppo  del  Mezzogiorno  e  della  metanizzazione  della  rete  di
distribuzione del gas.